Numero 5 del 2023
Numero 5 del 2023
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Numero 5 del 2023
V - (2) - Luglio - Dicembre 2023
V - (2) - Luglio - Dicembre 2023
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Psicoanalisi Contemporanea Rivista semestrale di A.Psi.C. (Associazione Psicoanalisi Contemporanea), numero 1 del 2021
Direttore Responsabile
Daniela Cassano
Direttore Responsabile
Daniela Cassano
Direttore Responsabile
Daniela Cassano
Direttore Editoriale
Morena Danieli
Direttore Editoriale
Morena Danieli
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Morena Danieli
Redattore Capo
Laura Fattori
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Laura Fattori
Inizio lezioni
Laura Fattori
Redattori
Giulia Brolato, Barbara Piazza, Chiara Pugnetti, Mirella Rostagno, Ilaria Saracano, Daniela Settembrini
Redattori
Giulia Brolato, Barbara Piazza, Chiara Pugnetti, Mirella Rostagno, Ilaria Saracano, Daniela Settembrini
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Comitato Scientifico di A.Psi.C.
Maria Baiona, Franco Freilone, Stefano Calamandrei
Comitato Scientifico di A.Psi.C.
Maria Baiona, Franco Freilone, Stefano Calamandrei
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Sede della Redazione
via Verdi 45, Torino
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Rivista completa
Indice
Indice
01
Editoriale
02
Teoria e Tecnica Psicoanalitica
Lo psicologo e l’esperienza dell’incontro mente/corpo in un contesto naturale
Anna Olivieri
In questo scritto, a partire dalla considerazione dell’importanza dell’incontro mente/corpo nel nostro lavoro di psicologi, ma anche nella vita personale, viene proposta la metafora dell’immersione nella natura come una seduta di psicoterapia. Come di fronte alla bellezza della natura ci poniamo in un atteggiamento di contemplazione, di stupore e di meraviglia, anche nella nostra professione dovremmo mantenere questo sguardo, riconoscendo il valore aggiunto dei molteplici vertici di osservazione della persona.
In questo scritto, a partire dalla considerazione dell’importanza dell’incontro mente/corpo nel nostro lavoro di psicologi, ma anche nella vita personale, viene proposta la metafora dell’immersione nella natura come una seduta di psicoterapia. Come di fronte alla bellezza della natura ci poniamo in un atteggiamento di contemplazione, di stupore e di meraviglia, anche nella nostra professione dovremmo mantenere questo sguardo, riconoscendo il valore aggiunto dei molteplici vertici di osservazione della persona.
In questo scritto, a partire dalla considerazione dell’importanza dell’incontro mente/corpo nel nostro lavoro di psicologi, ma anche nella vita personale, viene proposta la metafora dell’immersione nella natura come una seduta di psicoterapia. Come di fronte alla bellezza della natura ci poniamo in un atteggiamento di contemplazione, di stupore e di meraviglia, anche nella nostra professione dovremmo mantenere questo sguardo, riconoscendo il valore aggiunto dei molteplici vertici di osservazione della persona.
The psychologist experience of mind-body encounter in a natural context
In this writing, starting from the consideration of the importance of the mind-body meeting in our work as psychologists, but also in personal life, the metaphor is proposed of immersion in nature as a psychotherapy session. Just as we place ourselves in an attitude of contemplation, amazement and wonder when faced with the beauty of nature, we should also maintain this gaze in our profession, recognizing the added value of the multiple vertices of observation of the person.
The psychologist experience of mind-body encounter in a natural context
In this writing, starting from the consideration of the importance of the mind-body meeting in our work as psychologists, but also in personal life, the metaphor is proposed of immersion in nature as a psychotherapy session. Just as we place ourselves in an attitude of contemplation, amazement and wonder when faced with the beauty of nature, we should also maintain this gaze in our profession, recognizing the added value of the multiple vertices of observation of the person.
The psychologist experience of mind-body encounter in a natural context
In this writing, starting from the consideration of the importance of the mind-body meeting in our work as psychologists, but also in personal life, the metaphor is proposed of immersion in nature as a psychotherapy session. Just as we place ourselves in an attitude of contemplation, amazement and wonder when faced with the beauty of nature, we should also maintain this gaze in our profession, recognizing the added value of the multiple vertices of observation of the person.
03
Casi Clinici
Storie in valigia: migrare anche per fuggire dal proprio passato
Laura Barbasio, Monica Fiorentino
In base a quanto rileva l’Istat (1), gli immigrati residenti nel nostro Paese, al 31/12/2022, sono poco più di 5 milioni (5.050.257) e poco meno del 9% della popolazione complessiva residente. L’analisi dei dati istituzionali evidenzia un fenomeno migratorio stanziale, caratterizzato da persone che hanno scelto di rimanere a vivere in Italia e che nel tempo si sono integrate nel tessuto socio-economico locale. È presumibile, pertanto, supporre che, ora come in futuro, gli stranieri frequenteranno sempre più spesso i nostri studi. Se è vero che le emozioni e poi, come ha teorizzato Fornari, i coinemi (2) rendono il nostro bagaglio emotivo e relazionale molto simile ad ogni latitudine, è anche vero che la nostra esperienza clinica mostra l’esistenza di nuclei peculiari nei vissuti degli immigrati che ci sembra interessante condividere.
Le nostre considerazioni sono nate dal confronto su tre donne, immigrate di prima generazione, che abbiamo seguito in terapia: Miranda, Diamanta e Xhoana, giunte in Italia con la speranza di una vita migliore. Pur essendo molto diverse, le loro storie evidenziano tratti comuni legati proprio al vissuto migratorio di cui di seguito proponiamo una estrema sintesi.
Innanzitutto, la fantasia inconscia che sia possibile, attraverso la migrazione in un Paese diverso, superare traumi pregressi. Parliamo dell’idealizzazione nei confronti del Paese d’approdo e della corrispondente delusione. Descriviamo la perdita della sensazione di sentirsi a casa, perché gli immigrati guardano se stessi come stranieri sia nei loro Paesi natii che nei Paesi in cui arrivano. Inoltre, parliamo del sentimento di essere divisi tra due mondi e due culture, con tutte le conseguenze a livello di identità. Infine riflettiamo sul rischio di abbandono della psicoterapia che può essere considerata come la ripetizione del trauma di lasciare il proprio paese d’origine.
1) Fonte: Bilancio Demografico Istat
2) Coinemi: secondo Fornari (Coinema e Icona, 1979) sono iscrizioni geneticamente costituite per fare in modo che tutti gli stati del mondo entrino a far parte di un codice naturale di significazione.
In base a quanto rileva l’Istat (1), gli immigrati residenti nel nostro Paese, al 31/12/2022, sono poco più di 5 milioni (5.050.257) e poco meno del 9% della popolazione complessiva residente. L’analisi dei dati istituzionali evidenzia un fenomeno migratorio stanziale, caratterizzato da persone che hanno scelto di rimanere a vivere in Italia e che nel tempo si sono integrate nel tessuto socio-economico locale. È presumibile, pertanto, supporre che, ora come in futuro, gli stranieri frequenteranno sempre più spesso i nostri studi. Se è vero che le emozioni e poi, come ha teorizzato Fornari, i coinemi (2) rendono il nostro bagaglio emotivo e relazionale molto simile ad ogni latitudine, è anche vero che la nostra esperienza clinica mostra l’esistenza di nuclei peculiari nei vissuti degli immigrati che ci sembra interessante condividere.
Le nostre considerazioni sono nate dal confronto su tre donne, immigrate di prima generazione, che abbiamo seguito in terapia: Miranda, Diamanta e Xhoana, giunte in Italia con la speranza di una vita migliore. Pur essendo molto diverse, le loro storie evidenziano tratti comuni legati proprio al vissuto migratorio di cui di seguito proponiamo una estrema sintesi.
Innanzitutto, la fantasia inconscia che sia possibile, attraverso la migrazione in un Paese diverso, superare traumi pregressi. Parliamo dell’idealizzazione nei confronti del Paese d’approdo e della corrispondente delusione. Descriviamo la perdita della sensazione di sentirsi a casa, perché gli immigrati guardano se stessi come stranieri sia nei loro Paesi natii che nei Paesi in cui arrivano. Inoltre, parliamo del sentimento di essere divisi tra due mondi e due culture, con tutte le conseguenze a livello di identità. Infine riflettiamo sul rischio di abbandono della psicoterapia che può essere considerata come la ripetizione del trauma di lasciare il proprio paese d’origine.
1) Fonte: Bilancio Demografico Istat
2) Coinemi: secondo Fornari (Coinema e Icona, 1979) sono iscrizioni geneticamente costituite per fare in modo che tutti gli stati del mondo entrino a far parte di un codice naturale di significazione.
In base a quanto rileva l’Istat (1), gli immigrati residenti nel nostro Paese, al 31/12/2022, sono poco più di 5 milioni (5.050.257) e poco meno del 9% della popolazione complessiva residente. L’analisi dei dati istituzionali evidenzia un fenomeno migratorio stanziale, caratterizzato da persone che hanno scelto di rimanere a vivere in Italia e che nel tempo si sono integrate nel tessuto socio-economico locale. È presumibile, pertanto, supporre che, ora come in futuro, gli stranieri frequenteranno sempre più spesso i nostri studi. Se è vero che le emozioni e poi, come ha teorizzato Fornari, i coinemi (2) rendono il nostro bagaglio emotivo e relazionale molto simile ad ogni latitudine, è anche vero che la nostra esperienza clinica mostra l’esistenza di nuclei peculiari nei vissuti degli immigrati che ci sembra interessante condividere.
Le nostre considerazioni sono nate dal confronto su tre donne, immigrate di prima generazione, che abbiamo seguito in terapia: Miranda, Diamanta e Xhoana, giunte in Italia con la speranza di una vita migliore. Pur essendo molto diverse, le loro storie evidenziano tratti comuni legati proprio al vissuto migratorio di cui di seguito proponiamo una estrema sintesi.
Innanzitutto, la fantasia inconscia che sia possibile, attraverso la migrazione in un Paese diverso, superare traumi pregressi. Parliamo dell’idealizzazione nei confronti del Paese d’approdo e della corrispondente delusione. Descriviamo la perdita della sensazione di sentirsi a casa, perché gli immigrati guardano se stessi come stranieri sia nei loro Paesi natii che nei Paesi in cui arrivano. Inoltre, parliamo del sentimento di essere divisi tra due mondi e due culture, con tutte le conseguenze a livello di identità. Infine riflettiamo sul rischio di abbandono della psicoterapia che può essere considerata come la ripetizione del trauma di lasciare il proprio paese d’origine.
1) Fonte: Bilancio Demografico Istat
2) Coinemi: secondo Fornari (Coinema e Icona, 1979) sono iscrizioni geneticamente costituite per fare in modo che tutti gli stati del mondo entrino a far parte di un codice naturale di significazione.
Stories in a suitcase: migrating also to escape from one’s past
In Italy immigrants are approximately 5 millions, 9 percent of the total resident population (Istat). Data analysis reveals a migratory phenomenon characterized by persons who decided to remain in Italy and in the meantime integrated in italian society.
It is, therefore, likely that many psychoanalytical settings will deal with them, starting from the present, but even more in the years to come.
As stated by Fornari, one of the most important Italian psychoanalyst of the XX century (Coinema e Icona, 1979), the emotional baggage of individuals is the same at every latitude. Howewer, our clinical experience shows that there are specific nucleus in the past experience of immigrants and these are the topics which we deal with in this article. Particularly we write about the stories of three women, first generation immigrants, followed in therapy: Miranda, Diamanta e Xhoana, who arrived in Italy with the hope of a better life. We propose a brief summary of their stories. Despite being very different, these stories have common traits, linked to their experience of migration. First of all, the unconscious fantasy that it is possible to overcome the shock they experienced, by moving to a different Country. We write about the idealization of the Country to which these people move and of the resulting disappointment. We describe the loss of the sensation to feel at home, because immigrants regard themselves as strangers both in their native Countries and in the Countries to which they moved. Additionally, we write about the feeling of being torn between two worlds and two cultures, with all the consequences at identity level. Finally, we comment on the increased risks of psychotherapical drop out which may be considered as the repetition of the shock of leaving one's own Country of origin.
Stories in a suitcase: migrating also to escape from one’s past
In Italy immigrants are approximately 5 millions, 9 percent of the total resident population (Istat). Data analysis reveals a migratory phenomenon characterized by persons who decided to remain in Italy and in the meantime integrated in italian society.
It is, therefore, likely that many psychoanalytical settings will deal with them, starting from the present, but even more in the years to come.
As stated by Fornari, one of the most important Italian psychoanalyst of the XX century (Coinema e Icona, 1979), the emotional baggage of individuals is the same at every latitude. Howewer, our clinical experience shows that there are specific nucleus in the past experience of immigrants and these are the topics which we deal with in this article. Particularly we write about the stories of three women, first generation immigrants, followed in therapy: Miranda, Diamanta e Xhoana, who arrived in Italy with the hope of a better life. We propose a brief summary of their stories. Despite being very different, these stories have common traits, linked to their experience of migration. First of all, the unconscious fantasy that it is possible to overcome the shock they experienced, by moving to a different Country. We write about the idealization of the Country to which these people move and of the resulting disappointment. We describe the loss of the sensation to feel at home, because immigrants regard themselves as strangers both in their native Countries and in the Countries to which they moved. Additionally, we write about the feeling of being torn between two worlds and two cultures, with all the consequences at identity level. Finally, we comment on the increased risks of psychotherapical drop out which may be considered as the repetition of the shock of leaving one's own Country of origin.
Stories in a suitcase: migrating also to escape from one’s past
In Italy immigrants are approximately 5 millions, 9 percent of the total resident population (Istat). Data analysis reveals a migratory phenomenon characterized by persons who decided to remain in Italy and in the meantime integrated in italian society.
It is, therefore, likely that many psychoanalytical settings will deal with them, starting from the present, but even more in the years to come.
As stated by Fornari, one of the most important Italian psychoanalyst of the XX century (Coinema e Icona, 1979), the emotional baggage of individuals is the same at every latitude. Howewer, our clinical experience shows that there are specific nucleus in the past experience of immigrants and these are the topics which we deal with in this article. Particularly we write about the stories of three women, first generation immigrants, followed in therapy: Miranda, Diamanta e Xhoana, who arrived in Italy with the hope of a better life. We propose a brief summary of their stories. Despite being very different, these stories have common traits, linked to their experience of migration. First of all, the unconscious fantasy that it is possible to overcome the shock they experienced, by moving to a different Country. We write about the idealization of the Country to which these people move and of the resulting disappointment. We describe the loss of the sensation to feel at home, because immigrants regard themselves as strangers both in their native Countries and in the Countries to which they moved. Additionally, we write about the feeling of being torn between two worlds and two cultures, with all the consequences at identity level. Finally, we comment on the increased risks of psychotherapical drop out which may be considered as the repetition of the shock of leaving one's own Country of origin.
04
Interfacce
La crescita non finisce mai. Aspetti psicologici evolutivi della nuova età anziana
Lucia Carli, Elena Buday
Il lavoro dà conto delle profonde trasformazioni che coinvolgono oggi la generazione anziana. Il protrarsi della durata della vita ha reso la vecchiaia sensibilmente più lunga rispetto al passato. Dopo il pensionamento l’individuo può prevedere un orizzonte di vita di oltre 20 anni. In questo lasso temporale, si è prolungato sia il tempo del benessere sia quello della malattia. È oggi una fase esistenziale cui va attribuito un senso nuovo; in buona parte da inventare perché mancano modelli provenienti dalle precedenti generazioni. Nella mentalità corrente, però, legata al mito dell’eterna giovinezza, la vecchiaia è ancora un tempo residuale, di declino e malattia, una condizione socialmente svalorizzata. Se ne ignorano le potenzialità e i compiti evolutivi nuovi (McGoldrick, Carter, Garcia-Preto, 2011), che possono consentire oggi all’anziano di tutelare la propria presenza e il proprio ruolo nel mondo sociale.
Il lavoro evidenzia come tale nuova realtà impatti profondamente non solo sul rapporto tra le generazioni ma anche sulle politiche sanitarie, sulla formazione degli specialisti del settore e dei caregivers. Sottolinea pertanto l’urgenza di aggiornare la cultura dell’invecchiamento e, in particolare, rileva la necessità di ripensare a fondo l’intervento di supporto psicologico, psicoterapeutico e il percorso formativo per i nuovi operatori del settore.
Il lavoro dà conto delle profonde trasformazioni che coinvolgono oggi la generazione anziana. Il protrarsi della durata della vita ha reso la vecchiaia sensibilmente più lunga rispetto al passato. Dopo il pensionamento l’individuo può prevedere un orizzonte di vita di oltre 20 anni. In questo lasso temporale, si è prolungato sia il tempo del benessere sia quello della malattia. È oggi una fase esistenziale cui va attribuito un senso nuovo; in buona parte da inventare perché mancano modelli provenienti dalle precedenti generazioni. Nella mentalità corrente, però, legata al mito dell’eterna giovinezza, la vecchiaia è ancora un tempo residuale, di declino e malattia, una condizione socialmente svalorizzata. Se ne ignorano le potenzialità e i compiti evolutivi nuovi (McGoldrick, Carter, Garcia-Preto, 2011), che possono consentire oggi all’anziano di tutelare la propria presenza e il proprio ruolo nel mondo sociale.
Il lavoro evidenzia come tale nuova realtà impatti profondamente non solo sul rapporto tra le generazioni ma anche sulle politiche sanitarie, sulla formazione degli specialisti del settore e dei caregivers. Sottolinea pertanto l’urgenza di aggiornare la cultura dell’invecchiamento e, in particolare, rileva la necessità di ripensare a fondo l’intervento di supporto psicologico, psicoterapeutico e il percorso formativo per i nuovi operatori del settore.
Il lavoro dà conto delle profonde trasformazioni che coinvolgono oggi la generazione anziana. Il protrarsi della durata della vita ha reso la vecchiaia sensibilmente più lunga rispetto al passato. Dopo il pensionamento l’individuo può prevedere un orizzonte di vita di oltre 20 anni. In questo lasso temporale, si è prolungato sia il tempo del benessere sia quello della malattia. È oggi una fase esistenziale cui va attribuito un senso nuovo; in buona parte da inventare perché mancano modelli provenienti dalle precedenti generazioni. Nella mentalità corrente, però, legata al mito dell’eterna giovinezza, la vecchiaia è ancora un tempo residuale, di declino e malattia, una condizione socialmente svalorizzata. Se ne ignorano le potenzialità e i compiti evolutivi nuovi (McGoldrick, Carter, Garcia-Preto, 2011), che possono consentire oggi all’anziano di tutelare la propria presenza e il proprio ruolo nel mondo sociale.
Il lavoro evidenzia come tale nuova realtà impatti profondamente non solo sul rapporto tra le generazioni ma anche sulle politiche sanitarie, sulla formazione degli specialisti del settore e dei caregivers. Sottolinea pertanto l’urgenza di aggiornare la cultura dell’invecchiamento e, in particolare, rileva la necessità di ripensare a fondo l’intervento di supporto psicologico, psicoterapeutico e il percorso formativo per i nuovi operatori del settore.
GROWTH IS NEVER-ENDING.
Developmental Psychological Aspects of the New Elderly Age
This work gives an account of the profound transformations of the elderly age today. The prolongation of the lifespan has made elderly age noticeably longer than in the past. After the retirement, a person can easily foresee an expectancy of life of over 20 years. During this period, the duration of both the well-being and that of the sickness have been extended. The present day represents a new existential phase, one to which we must attribute an up-to-date meaning. A big part of this newfound meaning will have to be created from scratch considering the lack of models from the previous generations. However, in today’s view, so radically embedded in the myth of the perpetual youth, the elderly age is still considered a residual time, one of decline and sickness, a condition socially devalued. Its potential and its new developmental tasks (McGoldrick, Carter, Garcia-Preto, 2011), which could allow the elderly people to protect her/his presence and role in active society, are being ignored. The work highlights how this current reality has a profound impact not only on the relationship among different generations, but also on the healthcare policies, on the training of all the specialists of this field and of the caregivers. Therefore, it emphasizes the urgency of modernising the culture of aging and in particular it stresses the need to rethink from the ground up the psychological and psychotherapeutic interventions as well as the training programs for the future professionals of this field.
GROWTH IS NEVER-ENDING.
Developmental Psychological Aspects of the New Elderly Age
This work gives an account of the profound transformations of the elderly age today. The prolongation of the lifespan has made elderly age noticeably longer than in the past. After the retirement, a person can easily foresee an expectancy of life of over 20 years. During this period, the duration of both the well-being and that of the sickness have been extended. The present day represents a new existential phase, one to which we must attribute an up-to-date meaning. A big part of this newfound meaning will have to be created from scratch considering the lack of models from the previous generations. However, in today’s view, so radically embedded in the myth of the perpetual youth, the elderly age is still considered a residual time, one of decline and sickness, a condition socially devalued. Its potential and its new developmental tasks (McGoldrick, Carter, Garcia-Preto, 2011), which could allow the elderly people to protect her/his presence and role in active society, are being ignored. The work highlights how this current reality has a profound impact not only on the relationship among different generations, but also on the healthcare policies, on the training of all the specialists of this field and of the caregivers. Therefore, it emphasizes the urgency of modernising the culture of aging and in particular it stresses the need to rethink from the ground up the psychological and psychotherapeutic interventions as well as the training programs for the future professionals of this field.
GROWTH IS NEVER-ENDING.
Developmental Psychological Aspects of the New Elderly Age
This work gives an account of the profound transformations of the elderly age today. The prolongation of the lifespan has made elderly age noticeably longer than in the past. After the retirement, a person can easily foresee an expectancy of life of over 20 years. During this period, the duration of both the well-being and that of the sickness have been extended. The present day represents a new existential phase, one to which we must attribute an up-to-date meaning. A big part of this newfound meaning will have to be created from scratch considering the lack of models from the previous generations. However, in today’s view, so radically embedded in the myth of the perpetual youth, the elderly age is still considered a residual time, one of decline and sickness, a condition socially devalued. Its potential and its new developmental tasks (McGoldrick, Carter, Garcia-Preto, 2011), which could allow the elderly people to protect her/his presence and role in active society, are being ignored. The work highlights how this current reality has a profound impact not only on the relationship among different generations, but also on the healthcare policies, on the training of all the specialists of this field and of the caregivers. Therefore, it emphasizes the urgency of modernising the culture of aging and in particular it stresses the need to rethink from the ground up the psychological and psychotherapeutic interventions as well as the training programs for the future professionals of this field.
05
Formazione
Riflessioni intorno ad "Analisi terminabile e interminabile"
Daniela Settembrini
L'articolo propone una lettura del testo freudiano soffermandosi sugli aspetti maggiormente innovativi e che costituiscono aperture per gli sviluppi successivi della psicoanalisi oltre che sui nodi e le difficoltà della tecnica. Il lavoro inoltre accenna ai cambiamenti introdotti nella contemporaneità relativi al funzionamento dei pazienti e alle modifiche della tecnica.
L'articolo propone una lettura del testo freudiano soffermandosi sugli aspetti maggiormente innovativi e che costituiscono aperture per gli sviluppi successivi della psicoanalisi oltre che sui nodi e le difficoltà della tecnica. Il lavoro inoltre accenna ai cambiamenti introdotti nella contemporaneità relativi al funzionamento dei pazienti e alle modifiche della tecnica.
L'articolo propone una lettura del testo freudiano soffermandosi sugli aspetti maggiormente innovativi e che costituiscono aperture per gli sviluppi successivi della psicoanalisi oltre che sui nodi e le difficoltà della tecnica. Il lavoro inoltre accenna ai cambiamenti introdotti nella contemporaneità relativi al funzionamento dei pazienti e alle modifiche della tecnica.
Some thoughts on "Terminable and interminable analysis"
This paper presents a reading of the Freudian text that focuses on its most innovative solutions, those that have contributed to many ensuing developments in psychoanalysis and to clarifications and improvements in the intricacies of the psychoanalytic technique. Furthermore, the article refers to contemporary changes in the mental functioning of patients undergoing analytic treatment and some changes necessary to address them.
Some thoughts on "Terminable and interminable analysis"
This paper presents a reading of the Freudian text that focuses on its most innovative solutions, those that have contributed to many ensuing developments in psychoanalysis and to clarifications and improvements in the intricacies of the psychoanalytic technique. Furthermore, the article refers to contemporary changes in the mental functioning of patients undergoing analytic treatment and some changes necessary to address them.
Some thoughts on "Terminable and interminable analysis"
This paper presents a reading of the Freudian text that focuses on its most innovative solutions, those that have contributed to many ensuing developments in psychoanalysis and to clarifications and improvements in the intricacies of the psychoanalytic technique. Furthermore, the article refers to contemporary changes in the mental functioning of patients undergoing analytic treatment and some changes necessary to address them.
Riflessioni intorno a "Note su alcuni meccanismi schizoidi (1946-1952)"
Morena Danieli
L’articolo propone una lettura del lavoro di Melanie Klein Note su alcuni meccanismi schizoidi, pubblicato nel 1946, rivisto e ampliato nel 1952. L’articolo è noto per l’analisi accurata dei meccanismi di scissione che si osservano nelle primissime fasi dello sviluppo e nelle sindromi schizo-paranoidi, e per l’introduzione nel dibattito psicoanalitico del concetto di identificazione proiettiva. L’articolo illustra il clima teorico in cui è emersa la descrizione di questo concetto e discute alcune delle molteplici sfaccettature della sua applicazione nella clinica psicoanalitica contemporanea.
L’articolo propone una lettura del lavoro di Melanie Klein Note su alcuni meccanismi schizoidi, pubblicato nel 1946, rivisto e ampliato nel 1952. L’articolo è noto per l’analisi accurata dei meccanismi di scissione che si osservano nelle primissime fasi dello sviluppo e nelle sindromi schizo-paranoidi, e per l’introduzione nel dibattito psicoanalitico del concetto di identificazione proiettiva. L’articolo illustra il clima teorico in cui è emersa la descrizione di questo concetto e discute alcune delle molteplici sfaccettature della sua applicazione nella clinica psicoanalitica contemporanea.
L’articolo propone una lettura del lavoro di Melanie Klein Note su alcuni meccanismi schizoidi, pubblicato nel 1946, rivisto e ampliato nel 1952. L’articolo è noto per l’analisi accurata dei meccanismi di scissione che si osservano nelle primissime fasi dello sviluppo e nelle sindromi schizo-paranoidi, e per l’introduzione nel dibattito psicoanalitico del concetto di identificazione proiettiva. L’articolo illustra il clima teorico in cui è emersa la descrizione di questo concetto e discute alcune delle molteplici sfaccettature della sua applicazione nella clinica psicoanalitica contemporanea.
Some thoughts on "Notes on some schizoid mechanisms"
This paper proposes a reading of Melanie Klein's work Notes on some schizoid mechanisms, published in 1946, revised and expanded in 1952. The article is well-known for the accurate analysis of the splitting mechanisms that are observed in the very early stages of development and in paranoid-schizoid syndromes, and for the introduction of the concept of projective identification into the psychoanalytic debate. The article illustrates the theoretical climate in which the description of this concept emerged and discusses some of the many facets of its application in contemporary psychoanalytic clinics.
Some thoughts on "Notes on some schizoid mechanisms"
This paper proposes a reading of Melanie Klein's work Notes on some schizoid mechanisms, published in 1946, revised and expanded in 1952. The article is well-known for the accurate analysis of the splitting mechanisms that are observed in the very early stages of development and in paranoid-schizoid syndromes, and for the introduction of the concept of projective identification into the psychoanalytic debate. The article illustrates the theoretical climate in which the description of this concept emerged and discusses some of the many facets of its application in contemporary psychoanalytic clinics.
Some thoughts on "Notes on some schizoid mechanisms"
This paper proposes a reading of Melanie Klein's work Notes on some schizoid mechanisms, published in 1946, revised and expanded in 1952. The article is well-known for the accurate analysis of the splitting mechanisms that are observed in the very early stages of development and in paranoid-schizoid syndromes, and for the introduction of the concept of projective identification into the psychoanalytic debate. The article illustrates the theoretical climate in which the description of this concept emerged and discusses some of the many facets of its application in contemporary psychoanalytic clinics.
06
Esperienze
Insieme oltre al lutto
Marcello Pedretti
Insieme oltre il lutto è il nome di un gruppo di Auto Mutuo Aiuto da me gestito dal 2005, attualmente attivo presso il Centro Relazioni e Famiglie del Comune di Torino. Partendo da questa esperienza sviluppo alcune considerazioni sul lutto come stato esistenziale, sulla sua evoluzione, sui vissuti ad esso collegati, sul lutto complicato, e indico possibili percorsi di aiuto, ampliando il discorso ai percorsi psicoterapeutici individuali. Centrale alla risoluzione del lutto è l’accettazione della perdita, che presuppone la risoluzione degli eventuali conflitti con la persona mancata, l’attenzione agli stili di attaccamento, il superamento delle eventuali dissociazioni traumatiche collegate alle circostanze dell’evento, la ricostruzione vitale del legame interrotto, la riprogettazione della propria vita. Non c’è vita piena se non accettiamo tutte le facce della vita. Il dolore ci insegna a confrontarci con i limiti: i nostri limiti, quelli della persona a cui eravamo legati, quelli connessi alla vita. Se non rifiutato ci rende più forti, più sensibili, più umili.
Insieme oltre il lutto è il nome di un gruppo di Auto Mutuo Aiuto da me gestito dal 2005, attualmente attivo presso il Centro Relazioni e Famiglie del Comune di Torino. Partendo da questa esperienza sviluppo alcune considerazioni sul lutto come stato esistenziale, sulla sua evoluzione, sui vissuti ad esso collegati, sul lutto complicato, e indico possibili percorsi di aiuto, ampliando il discorso ai percorsi psicoterapeutici individuali. Centrale alla risoluzione del lutto è l’accettazione della perdita, che presuppone la risoluzione degli eventuali conflitti con la persona mancata, l’attenzione agli stili di attaccamento, il superamento delle eventuali dissociazioni traumatiche collegate alle circostanze dell’evento, la ricostruzione vitale del legame interrotto, la riprogettazione della propria vita. Non c’è vita piena se non accettiamo tutte le facce della vita. Il dolore ci insegna a confrontarci con i limiti: i nostri limiti, quelli della persona a cui eravamo legati, quelli connessi alla vita. Se non rifiutato ci rende più forti, più sensibili, più umili.
Insieme oltre il lutto è il nome di un gruppo di Auto Mutuo Aiuto da me gestito dal 2005, attualmente attivo presso il Centro Relazioni e Famiglie del Comune di Torino. Partendo da questa esperienza sviluppo alcune considerazioni sul lutto come stato esistenziale, sulla sua evoluzione, sui vissuti ad esso collegati, sul lutto complicato, e indico possibili percorsi di aiuto, ampliando il discorso ai percorsi psicoterapeutici individuali. Centrale alla risoluzione del lutto è l’accettazione della perdita, che presuppone la risoluzione degli eventuali conflitti con la persona mancata, l’attenzione agli stili di attaccamento, il superamento delle eventuali dissociazioni traumatiche collegate alle circostanze dell’evento, la ricostruzione vitale del legame interrotto, la riprogettazione della propria vita. Non c’è vita piena se non accettiamo tutte le facce della vita. Il dolore ci insegna a confrontarci con i limiti: i nostri limiti, quelli della persona a cui eravamo legati, quelli connessi alla vita. Se non rifiutato ci rende più forti, più sensibili, più umili.
07
Recensioni
Christopher Bollas, "Forze del Destino. Psicoanalisi e idioma umano"
Trad. italiana di Daniela Molino, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2021; pagine 209; ISBN 978-88-3285-342-1 (recensione di Patrizia Cavaglià)
Thomas H. Ogden, "Prendere vita nella stanza d’analisi"
Trad. italiana di Sara Boffito, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2022; pagine 195; ISBN 978-88-3285-448-0 (recensione di Morena Danieli)
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